MALOMBRA

Carmine Gallone

S.: tratto dall’omonimo romanzo (1881) di Antonio Fogazzaro. Sc.: Carmine Gallone. F.: Giovanni Grimaldi. Interpreti: Lyda Borelli (Marina di Malombra), Amleto Novelli (Corrado Silla), Augusto Mastripietri (Conte Cesare), Amedeo Ciaffi (Steinegge), Consuelo Spada (Edith Steinegge), Giulia Cassini – Rizzotto (Contessa Salvador), Francesco Cacace (Conte Salvador).P.: Cines, Roma. L.O.: 1705 mt. D.:81’. 35mm. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La Cineteca di Bologna stava lavorando da tempo sul restauro di Malombra di cui reperì, oltre cinque anni fa, il primo dei quattro rulli. Solo recentemente è stato possibile localizzare a Montevideo, presso la cineteca del Sodre, una copia spagnola pressoché completa. L’edizione presentata questa sera, che è solo lo stadio iniziale della ricostruzione di Malombra, nella prima parte utilizza le didascalie originali italiane fin qui ritrovate e per le restanti parti del film le didascalie spagnole.

Del film, certamente una delle prestazioni più convincenti di Lyda Borelli, così scrive Michele Canosa sul numero 4 di Cinegrafie, uscito in occasione della Mostra:

Nascosti in uno scrittoio, Marina estrae in successione alcuni poveri oggetti: un libro di preghiere, un piccolo specchio, una ciocca di capelli, un guanto. Appartenevano a Cecilia, una morta. Dietro lo specchio, legge: “Io- 2 maggio l802”. Così leggendo, Marina si nomina e si condanna. “Ho affidato allo specchio la mia ultima immagine…”. Poi – accidentalmente – lo specchio si rompe: Lyda Borellì è già diventata Cecilia. Cade preda di una violenta febbre cerebrale.

Il film è Malombra (Cines, 1917) di Carmine Gallone, dal romanzo di Fogazzaro.

Questa scena, bellissima, ci dice cos’è una Diva. Non si tratta di sostenere una parte, di incarnare un personaggio. C’è un corpo che trema (come un convolvo liberty), si contorce, assume una posa (sciolti i capelli, cita Rossetti: più Maddalena che Beatrice), teatralizza il suo muto dolore, viene meno. (“Tu che mi hai disseppellita conosci in te la mia anima infelice”.) È un corpo posseduto.

All’occhio clinico di Salvador Dalí (“un cinema isterico”) risponde, nel 1916, l’acume politico di Antonio Gramsci (“Lyda Borelli non sa interpretare nessuna creatura diversa da se stessa… è l’artista per eccellenza del film in cui la lingua è il corpo umano nella sua plasticità sempre rinnovantesi”). La Diva è il suo corpo: posseduto – dalla passione. […]

Michele Della Valentina è compositore e pianista, da anni lavora nell’ambito di produzioni teatrali, televisive e cinematografiche.

La partitura che ha ideato per Malombra ha un tema portante (quello di Marina), trattato in maniera diversa a seconda della drammaturgia filmica. Con accento drammatico in tutta la prima ed ultima parte (che esprimono i momenti più intensi della storia); ironico e vagamente ispirato a Mozart nell’episodio più leggero della storia, quello del corteggiamento di Marina da parte del Conte Salvador; infine rarefatto, nell’episodio dell’arrivo al Castello di Malombra di Silla, che introduce nel film un elemento di sospensione drammaturgica.

 

Copia proveniente da