MACISTE ALL’INFERNO
S.: Fantasio (Riccardo Artuffo). F.: Massimo Terzano, Ubaldo Arata. In.: Bartolomeo Pagano (Maciste), Pauline Polaire (Graziella), Elena Sangro (Proserpina), Lucia Zanussi (Luciferina), Franz Sala (Barbariccia/Dottor Nox), Umberto Guarracino (Pluto), Mario Sajo (Gerione), Domenico Serra (Giorgio), Felice Menotti, Andrea Miano. P.: Fert-Pittaluga. 2475m. 35mm.
Scheda Film
Edizione stabilita a partire da una copia positiva imbibita con didascalie danesi, lunga 2195 metri, conservata dal Danske Filmmuseum di Copenaghen e da una copia positiva imbibita, lunga 1366 metri e conservata dalla Cinemateca Brasileira di San Paolo. Entrambe le copie sono tratte dallo stesso negativo. Le didascalie della versione brasiliana mantengono la grafica originale “[…] Maciste all’inferno di Brignone entra più volte nella storia del cinema italiano. La prima volta è, naturalmente, negli anni Venti, quando la Fert Pittaluga di Torino decide di mettere in cantiere l’ennesimo episodio della serie di Maciste e lo scrittore Riccardo Artuffo (accreditato come Fantasio nei titoli di testa) fornisce a Guido Brignone un soggetto che, se non riesce a rivitalizzare il mito – ormai un po’ spento – dell’eroe impersonato da Bartolomeo Pagano, offre spunti eccellenti per un film imprevedibile e spassoso, ricco di umori fantastici e bizzarri. Pronto già nel 1925, Maciste all’inferno ha noie con la censura (che lo boccia una prima volta nell’ottobre del ’25): accade così che in Svezia la prima del film anticipi di tre mesi quella italiana (che si tiene, nell’ambito della Fiera di Milano, nel marzo del ’26).
Maciste fa la sua ricomparsa nei primi anni Quaranta, quando ottiene il privilegio, toccato solo a pochi film muti, di essere rimesso in circolazione in una copia post-sonorizzata, guadagnandosi nuova celebrità […]. Maciste all’inferno guadagna infine nuova gloria nella storia del cinema italiano quando Fellini lo fa diventare, in interviste e memorie varie, protagonista di una sorta di “scena primaria” del suo inconscio cinematografico. È diventato così impossibile parlare del film di Brignone senza citare le memorie del Maestro, che ci rinviano alle condizioni di visione di allora, cioè a qualcosa che il più perfetto ed integrale dei restauri non potrà mai restituirci:
“Qual è stato il primo dei miei film? Sono sicuro di ricordare con esattezza perché quell’immagine mi è rimasta così profondamente impressa che ho tentato di rifarla in tutti i miei film. Il film si chiamava Maciste all’inferno. L’ho visto in braccio a mio padre, in piedi, tra una gran calca di gente con il cappotto inzuppato d’acqua perché fuori pioveva. Ricordo un donnone con la pancia nuda, l’ombelico, gli occhiacci bistrati lampeggianti. Con un gesto imperioso del braccio faceva nascere attorno a Maciste anche lui seminudo e con un tortore in mano un cerchio di lingue di fuoco”. […]
(Antonio Costa, Cinémemoire, 1993)
utilizzata per la ricostruzione realizzata dalla Cineteca del Comune di Bologna.