L’ATLANTIDE
R.e Sc.: Jacques Feyder. S.: dal romanzo di Pierre Benoit. F.: Georges Specht, Amédée Morin. Scgf.: Manuel Orazi. M.: M. Jemain. In.: Stacia Napierkowska (Antinéa), Marie-Louise Iribe~Fanit Zerga), Jean Angelo (capitano Morhange), Georges Melchior, Paul Francescki, André Rosnne, René Lorsay, Génica Missirio, Abd-el-Kader Ben-Ali. P.:Société générale pour le Développernent international et commercial de la Cinématograpoie. D.: 196′ (4000 m.). 35mm.
Scheda Film
Il Nederlands Filmmuseum ha ritrovato una copia a colori, pressoché completa, del capolavoro di Feyder.
È una versione che ci permette di apprezzare appieno il lavoro fatto sul colore, che diviene un elemento fondamentale del racconto (si pensi soltanto alla nozione temporale, data dal mutare del colore del cielo, dal giorno al tramonto, alla notte fonda). Un film fatto di sospensioni e misteri, di desideri appagati e repressi, di lunghe attese, di sogni bruciati dal sole, da miraggi che occupano la natura e le menti. Così Marcel Carné ricorda L’Atlantide, in un articolo uscito in occasione della presentazione in Francia della versione di Pabst, nel 1932:
L’uomo
1921. È sconosciuto. Un debuttante nel quale quasi non si ha fiducia e – Pierre Benoit ricordava con emozione quei giorni ne l’Intran – a cui si devono spezzare le reni. Durante la lavorazione soltanto meschinerie, pettegolezzi velenosi e ridicoli, tagli sulle spese meno importanti: un giorno il segretario di produzione rifiuta un paio di sandali nuovi a Tanit -Zerga, il giorno dopo una corona a Morhange. E la diva che fa i suoi capricci…: in effetti è stata imposta a Feyder…
Sconvolgendo tutte le vecchie abitudini dei gestori, L’Atlantide dura tre ore.
Un accumulo di dettagli finemente osservati. Sfumature che scendono in profondità. Il film non segue il romanzo, lungo e complesso.
Un ritmo misurato, calmo e regolare, pieno e ampio. Un fiume che scorre pigro, parrebbe colmo di rimpianto, fra pingui pascoli.
Il dramma inizia in modo lento; d’un tratto liberato, esplode e devasta tutto ciò che incontra.
Mistero allusivo Dall’emozione, un’ombra di tenerezza. Una sensualità pesante, un poco soffocante. Prima di tutto uno studio di due caratteri a mezzatinta, sapientemente dosato e orchestrato.
Napierkowska – Antinea la parte infelice del film. La paglia nell’acciaio. L’errore strutturale che rischiava di far crollare tutto l’edificio.
Melchior-Saini-Avit deve cedere il passo a Angelo Morhange. Saint-Avit? Un uomo calmo, ponderato, capace di celare abbastanza facilmente i suoi sentimenti, dice Feyder che aggiunge: “È anche più spaventato dall’enormità del suo gesto”. Il commovente idillio di Tanit Zerga e di Saint-Avit. Delle didascalie tratte direttamente dal romanzo.
L’Atlantide? Una narrazione complessa, piena di sfumature, di dettagli che fanno apparire verosimile questa strana avventura.
L’umanità, la finezza del narratore fanno completamente dimenticare la fotogenia della materia”. (Marcel Carné, Potir Vous, n.l88, 23.6.1932)
“È indiscutibile che questo lavoro appartenga ai buoni davvero, però appunto per questo noi vi troviamo dei difetti che forse in altri potrebbero passare inosservati. La riduzione del romanzo di Pierre Benoit ha avuto sullo schermo una seconda consacrazione, ma ci si consenta di dire che il rendere protagonista il tenente di Saint-Avit, che ne racconta l’avventura, è grossa davvero, poiché viene a mancare quell’interesse che, diversamente, avrebbe destato: se invece di un racconto vi fosse la sola avventura. Poi poteva benissimo farsi in 4 parti invece di 8, condensando le scene principali ed evitando le ripetizioni inutili a cui è andato incontro. La prima parte di Atlantide è ottima, direi quasi insuperabile; mentre lo spettatore viene disilluso dalla seconda parte. Bene interpretati i personaggi di Saint-Avit, Mochange, Massard, Ferrières, Chegheir-ben-Cheik e Zanil Zerga. Insignificante la protagonista. Allorquando lo spettatore, dopo aver sentito da Saint-Avit che tutti coloro che avvicinavano Antinea dimenticavano Patria, Onore e Famiglia, si prevedeva che la bellezza di questa donna fosse oltremodo affascinante; mentre nel veder calare il velo che copre il volto della Napierkowska un’amara delusione prese tutti, e tutti commentarono sarcasticamente l’episodio. La Napierkowska non ha nulla di speciale; la sua è una bellezza molto comune, manca di fascino e di emotività. Ciò nonostante il lavoro è piaciuto. (Corriere Milanese, 15 marzo 1923)