LA BANDA CASAROLI

Florestano Vancini

Sc.: Sergio Perucchi, Stefano Strucchi, Florestano Vancini, con la coll. di Federico Zardi. F.: Sandro D’Eva. M.: Tatiana Casini. Scgf.: Carlo Egidi. In.: Renato Salvatori (Casaroli), Jean Claude Brialy (Minguzzi), Tomas Milian (Gabriele), Gabriele Tinti (agente di polizia), Adriano Micantoni, Marcello Tusco, Calisto Calisti, Leonardo Severini, Michele Sakara, Mariella Zanetti, Marcella Rovena, Isa Quercio, Maria Grazia Marescalchi, Beatrice Altariba, Anna Mazzanti, Loredana Cappelletti, Yvette Masson. Dir. P.: Giorgio Morra. P.: Documento Film/ Le Louvre Films. D.: circa 93’. Videoproiezione / Videoprojection.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Bologna rivive il suo tragico mezzogiorno di fuoco del 1950”: così le pubblicità nei giornali locali per  l’uscita del film di Florestano Vancini, dodici anni dopo il fatto di cronaca che sconvolse l’intera città. Un gruppo di giovani banditi, capeggiato dal bolognese Paolo Casaroli, dopo aver compiuto per mesi rapine e delitti in varie parti d’Italia, una fredda mattina di dicembre seminò terrore e morte per le vie di Bologna nel corso di una fuga tanto vana quanto sanguinosa. Il solo superstite tra i tre membri principali, lo stesso Casaroli, ferito nella sparatoria, fu imprigionato, processato e condannato all’ergastolo. Gli altri due amici erano già morti suicidi per non cadere nelle mani della giustizia. Il film rievoca le vicende e le gesta della banda: dall’incontro dei tre alla drammatica conclusione del loro sodalizio. Esistono due montaggi differenti. Il primo, previsto nella sceneggiatura, dipana abilmente il racconto attraverso una serie di flashback in cui il bandito più giovane (Tomas Milian) ripercorre l’intera vicenda vagando disperato e solo per la città prima di spararsi in un cinema.  Il secondo, che costituisce la versione ufficiale del film,  fu imposto dal produttore De Laurentiis per  mantenere una linearità più marcata degli eventi raccontati che doveva renderlo più appetibile al pubblico, a scapito di alcuni equilibri narrativi. La sceneggiatura è costruita a partire da documenti originali (articoli e interviste, fotografie, atti processuali, perizie psichiatriche), attraverso una ricostruzione in chiave di cronaca per interpretare il fenomeno dal lato sia sociale che psicologico. Accurata è la descrizione dell’ambiente bolognese che circonda i protagonisti: le strade invernali immerse nella nebbia, gli infidi portici, i casini, i locali frequentati dalla malavita (le sale da biliardo), ma anche gli interni popolari, i bar e gli spacci, il luna park fuori porta. Nella ricostruzione della città postbellica, infatti, emerge la vocazione documentaristica del regista emiliano. Ma la critica giudicò che le pretese socio-psicologiche del film non erano approfondite a sufficienza e lo etichettò come “gangster all’italiana”. Questa definizione, che nelle intenzioni sottolineava alcune mancanze del film, quasi quarant’anni dopo evidenzia un punto di forza de La banda Casaroli: solidità e spettacolarità tipiche del cinema d’azione americano si coniugano benissimo con la descrizione dell’angusto ambiente italiano degli anni Cinquanta, tanto che anche uno scrittore contemporaneo come Carlo Lucarelli ha più volte dichiarato di aver imparato molto dal modo con cui Vancini ha saputo rendere romanzesca la cronaca, spesso tutt’altro che spettacolare, dei suoi giorni.

Paolo Simoni