IL FIGLIO DELLA GUERRA
T. copia: Le Fils de guerre. Sog.: Bianca Virginia Camagni. Int.: Bianca Virginia Camagni (Contessa D’Algo), Luigi Serventi (Gaston / barone Massimo Odder), Gioacchino Grassi (Ninkas), Alfonso Cassini (don Elia), Romano Zampieri (il generale), sig.na Miotti (Marta). Prod.: Film d’Arte Italiana. 35mm. L.: 1024 m. (incompleto, l. orig.: 1770 m.). D.: 49’ a 18 f/s. Bn.
Scheda Film
Giuseppe Amisani ne dipinge il ritratto, Emilio Sommariva la fotografa, e dopo la première del primo film da lei diretto, La piccola ombra (1916), un recensore la saluta come “la speranza più viva della nuova arte cinematografica”. Sappiamo troppo poco di Bianca Virginia Camagni. Attrice, scrittrice, regista e produttrice, partecipa alla realizzazione di oltre venti film dal 1914 al 1922. Nei primi anni compare nelle produzioni Milano Films. Nel 1916 diventa freelance. I suoi ultimi progetti, Fantasia bianca (1919-1921, insieme all’artista-scultore Severo Pozzati e al compositore Vittorio Gui) e La sconosciuta (1921, insieme allo scrittore Tito A. Spagnol), sono opere uniche e sperimentali. Non a caso, Bianca Camagni è la protagonista femminile dell’elusivo Il re, le torri, gli alfieri. Attualmente del suo lavoro restano La gelosia, one-reeler del 1915, Il figlio della guerra (1916, copia con didascalie mancanti) e un breve frammento, a malapena visibile, di Cavalleria rusticana (1916). I film che realizza a partire dal 1921-22 (Fantasia bianca, La sconosciuta, La bella nonna, Il cuore e l’ombra) sono andati probabilmente perduti in un incendio. Siamo grati a Emiliana Losma per questa informazione e per le sue ricerche su Bianca Virginia Camagni, pubblicate nel 2011 (“Bianco e Nero” n. 570), dettagliate e ricche di documenti originali. Losma ci informa che durante la guerra Camagni abbandonò il cinema per due anni e lavorò per la Croce Rossa.
Tenetelo a mente quando vedrete la sequenza d’apertura di Il figlio della guerra. Il negativo originale, mancante di didascalie, di questo film è stato scoperto tra i cinquantaquattro titoli della Pathé-Film d’Arte Italiana conservati nelle collezioni della Cinémathèque française, e ne è stata tratta una copia di preservazione. A giudicare da questo solo film, Camagni aveva il suo proprio stile interpretativo, sobrio e trattenuto. Qual era stata la sua formazione? Il suo non è uno stile diva film, e questa è una cosa notevole; tutte le attrici nel cinema italiano del 1916 imitano Lyda Borelli, usano i suoi gesti-chiave.
È un film sulle cose che una madre non dice al proprio figlio: che è stata violentata, che la sua nascita è il risultato di quella violenza, che una volta adulto lui ha ucciso suo padre. Entrambi i crimini, lo stupro e l’omicidio, sono avvenuti in guerra. La prima parte del film è di fortissimo impatto; dispiace che Camagni, autrice della sceneggiatura, non abbia messo se stessa al centro anche della seconda parte del film.
Mariann Lewinsky