IL CILINDRO
Sog.: dalla pièce omonima di Eduardo De Filippo. Scen.: Eduardo De Filippo. Int.: Monica Vitti (Rita), Luca De Filippo (Rodolfo), Eduardo De Filippo (Agostino Muscariello), Pupella Maggio (Bettina), Ferruccio De Ceresa (Attilio Samueli), Vincenzo Salemme (Antonio), Franco Angrisano (Don Roberto), Franco Folli (Michele), Sergio Solli (Don Arturo), Linda Moretti (Donna Fortunata). DCP. D.: 92’. Col.
Scheda Film
Caro Eduardo, l’altra domenica avevo visto Il cilindro nel piccolo schermo, a cominciare dal giorno dopo ti avevo ripetutamente cercato al telefono, ma il tuo numero di Roma non rispondeva, per questo mi decido a scriverti. […] Se per caso tu consideri Il cilindro come una cosa minore, scusami; non ti deve addolorare sentirti dire che Il cilindro mi ha non soltanto entusiasmato ma sorpreso: ce l’hai fatta a sorprendermi ancora una volta! Il cilindro mi è parso una cosa perfetta, esemplare, classica: di una fulmineità nel susseguirsi di scene, tutte essenziali, che non esito a chiamare molieresca. Tante cose mi piacciono nel Cilindro che non so da che parte incominciare. […] Dunque, scelgo un punto a caso. Con Il cilindro, tu hai inventato un genere nuovo. Possiamo chiamarlo come vogliamo, le definizioni non contano. Commedia televisiva; film televisivo; tv-racconto; televisione d’arte; arte televisiva. Ma insomma, abbiamo visto uno spettacolo pensato e creato proprio per il video, e che soltanto attraverso il video raggiunge il massimo della propria possibile bellezza. Ecco, potremmo chiamarlo: ‘teatro da camera’.
Sarei in grado di citare infiniti episodi, trovate, dettagli, e potrei anche ordinarli in un elenco statistico, secondo la moda d’oggi, e farci sopra un complicato ragionamento: Ma basterà un esempio: lo straordinario primo piano dell’attore Ferruccio De Ceresa […]. È probabile che si tratti del più lungo primo piano della storia non soltanto del cinema televisivo ma del cinema tout court. […] Ora, un primo piano di quella durata eccezionale, dove si affannano intorno a un solo volto tante mani e tante voci, sarebbe stato possibile, accettabile, espressivo, unicamente in televisione.
Mario Soldati, “La Stampa”, 18 novembre 1978, poi in Lettere di Mario Soldati, Mondadori, Milano 1979