I FIGLI DI SANSONIA
Sog.: Giovanni Bertinetti. F.: Felice Vitè. Int.: Luciano Albertini (Sansonia), Linda Albertini (Sansonette), Aldo Mezzanotte (Patata), Arnold, Vanada. Prod.: Albertini-film. DCP. D.: 56’. Col. (da un nitrato imbibito)
Scheda Film
Nel 1920 il Sansone di Luciano Albertini (qui nella variante Sansonia), col suo bagaglio di forza e acrobazia circensi, è già un marchio di fabbrica consolidato. Il pubblico sa perfettamente quello che otterrà prima ancora di varcare la soglia della sala cinematografica: azione a perdifiato. Le trame che si possono costruire attorno a questo sacro principio sono semplici corollari. La copia dei Figli di Sansonia che è arrivata fino a noi è priva dell’inizio e del finale. Non ci è esattamente chiaro il motivo che spinge un duo di patentati malfattori col gusto del sadico (Niska e Markus) a tormentare con tanta pervicacia il nostro eroe e i suoi cari. Ma è del tutto superfluo. Quel che davvero importa sta altrove: scalare ciminiere per l’ebrezza di rimanere sospesi nel vuoto con la Mole Antonelliana laggiù in fondo; brevettare marchingegni inutilmente sofisticati per spingere i cani feroci a sbranare i bambini; usare una locomotiva per andare a pesca dei malcapitati nemici… L’imperativo è accelerare, condensare, rilanciare senza sosta una formula vincente. Se qualcuno fosse interessato a elaborare sceneggiature meglio articolate, nei Figli di Sansonia potrebbe trovare abbastanza materiale per confezionare tre lungometraggi. Ma sarebbe come accanirsi sul superfluo. Sansone e i suoi accompagnatori (buoni o cattivi che siano) sono le pedine consapevoli di un gioco che potrebbe protrarsi all’infinito (finché regge il pubblico, perlomeno). Stavolta, per buona parte del film, l’alter ego di Albertini lascia il testimone a moglie e figli: è dovuto andare sulle Ande a girare un film che lo vedrà scalare picchi impervi per salvare fanciulle indifese. Ormai, è una creatura del cinema al quadrato.
Andrea Meneghelli