Gente Così
Sog.: Giovannino Guareschi, Dal Suo Racconto “Gian”; Scen.: Giovannino Guareschi, Giancarlo Vigorelli, Leo Benvenuti, Fernando Cerchio, Giorgio Venturini; F.: Arturo Gallea; Mo.: Rolando Benedetti; Scgf.: Mario Grazzini; Mu.: Giovannifusco; Su.: Vittorio Trentino; Int.: Adriano Rimoldi(Gian, Il Contrabbandiere), Vivi Gioì (La Maestrina), Camillo Pilotto (L’arciprete), Renato De Carmine (Il Biondino), Saro Urzì (Il Sindaco), Marisa Mari(La Biondina), Alberto Archetti(Un Consigliere), Arrigo Peri (Il Segretario), Nicola La Torre (Un Terzo Consigliere), Augusto Favi, Raffaello Niccoli(Il Vecchio Operaio), Raf Pindi (Nelli), Lena Zoppegni (La Bidella), Augusto Olivieri(Un Secondo Consigliere), Luigi Tosi, Giuliana Rivera; Prod.: Giorgio Venturiniper I.C.E.T. (Industrie Cinematografiche E Teatrali)/Artisti Associati; Pri. Pro.: Aprile 1950, 35mm; D.: 85′. Bn
Scheda Film
In un’epoca di accese faziosità quale la nostra, dire una parola di fratellanza, pronunciare un invito a una maggiore reciproca comprensività, è cosa meritevole ma difficile, qualora si voglia evitare il pericolo di cadere nella facile rettorica, nella lagrimosità e mantenere, invece, un accento di semplice verità umana. (…) Fra le opere di questa natura, vuole inserirsi Gente così di Cerchio, su soggetto di Guareschi: film nobilissimo nell’assunto, quanto mediocre sul piano della realizzazione. (…) Che la paternità del film spetti a Guareschi, si direbbe evidente: tutto l’andamento della prima parte risente del suo ben riconoscibile umorismo; il quale, anzi, esplode spesso in notazioni episodiche gustose, seppure non sempre armonicamente fuse al testo unitario dell’opera. Se di unitarietà, poi, è opportuno parlare. Perché proprio questo sembra essere uno fra i maggiori difetti del film: una mancanza di coerenza logica, una dispersione in interessi secondari e transitori che frantumano il racconto, rendendo lo stile diseguale e conducono alla più vieta convenzionalità. Soltanto all’epilogo gli autori paiono ritrovare una capacità d’impegno più concreta, più coerente. Il tono melassoso viene smesso e si sfocia nella tragedia della morte. Conclusione, questa, che nell’intendimento di Guareschi vuole rispecchiare una fatalistica concezione della vita: è inutile scannarsi a vicenda, che tanto, prima o poi, la morte viene a sistemare ogni cosa. (…) Guareschi e Cerchio non sono riusciti a infondere ai pochi [argomenti] che hanno trovato un’intima forza di convinzione. Tale incapacità va ascritta, fra l’altro, alla loro palese predilezione per la battuta umoristica risolta di preferenza con la parola piuttosto che con l’immagine; ed è aggravata dalla regia incostante. Discrete le figure di contorno del sindaco e del parroco, impersonati rispettivamente da Saro Urzì e da Camillo Pilotto.
Carlo Rossi, “Hollywood”, aprile 1950