FOOLISH WIVES

Erich von Stroheim

S. e Sc.: Erich von Stroheim. F.: Ben Reynolds, William Daniels. Scgf.: Erich von Stroheim, Richard Day. In.. Erich von Stroheim (conte Wladislas Serge Karamzin), Maude George (principessa Olga Petznikoff), Mae Bush (principessa Vera), George Christians poi Robert Edison (Howard Hugues), Patsy Hannen (Dolly Hugues), Cesare Gravina (Ventucci), Malvina Polo (Marietta, sua figlia), Dale Fuller (Maruska, la domestica). P.: Universal. D.: 117’. 35mm

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Ormai sappiamo che due copie dello stesso film muto, normalmente, sono diverse. Eppure Foolish Wives rappresenta un vero caso limite. Il ritrovamento della copia italiana su supporto nitrato, e colorata, da parte della Cineteca Italiana ci ha spinto a presentare quest’edizione in chiusura de Il Cinema Ritrovato 1995.

La versione italiana è estremamente danneggiata, sicuramente meno completa di quella americana, eppure le osservazioni proposte da Jacques Rivette ormai quarant’anni fa, e che qui sotto riportiamo, mantengono tutto il loro fascino.

Jacques Rivette e la versione italiana di Foolish Wives

“Nel proporre al pubblico della Cinémathèque il ‘problema’ delle due copie di Foolish Wives, Henri Langlois lasciava ognuno libero di trarre le proprie conclusioni: si tratta di una ipotesi, e come tale soggetta a correzioni.

In primo luogo: le due copie sono diverse non solo per quanto riguarda l’ordine delle sequenze (e il significato degli intertitoli), ma anche nel montaggio delle inquadrature all’interno delle medesime sequenze: inquadrature di una risultano assenti in un’altra, il loro ordine è spesso modificato, e anche i tagli e i raccordi sembrano essere diversi. Secondariamente, e cosa ancora più sconcertante: alcune inquadrature, comuni alle due versioni, risultano in realtà essere ‘versioni’ diverse della medesima inquadratura, essendo la scena più articolata e l’azione più accurata in alcune piuttosto che in altre; le riprese più lunghe e incisive appartengono sempre alla copia italiana, mentre quella americana si accontenta della versione più anodina. Infine, un terzo ordine di dati è fornito dalla qualità fotografica delle due versioni: la copia italiana è certamente graffiata, tagliata e alterata dall’usura in molte sue parti, ma presenta un’incontestabile omogeneità. Quella americana, al contrario, presenta grandi differenze da una sequenza all’altra: alcune hanno la qualità di una stampa diretta da negativo, altre la grana e il grigiore tipici del controtipo. Inoltre le prime mi sono sembrate corrispondere alle scene che nella copia italiana presentano un diverso montaggio, mentre le seconde a quelle identiche nelle due versioni o assenti dalla seconda.

È facile intuire a quale conclusione siamo giunti: la versione italiana sarebbe una copia originale, certo amputata dal tempo e dalla censura, ma in cui gli elementi tuttora esistenti corrisponderebbero al montaggio di Stroheim. Quella americana sarebbe invece stata montata successivamente dalla Universal, forse desiderosa di sfruttare lo scandaloso successo dell’originale presentandone una versione più breve ed edulcorata – rimontaggio in cui sarebbe stato utilizzato per alcune scene un controtipo della versione originale, e per altre, più audaci, scarti o duplicati rimasti inutilizzati all’epoca del primo montaggio. Inoltre la versione italiana, per quanto mutilata possa essere, conserva una forza, una frenesia barocca, una poesia ‘pre-wellesiana’, quasi del tutto scomparse nella versione americana, più fluida, ma anche più convenzionale (è assente, per esempio, la sequenza del tiro al piccione): quest’ultima può essere opera di un cineasta di grande talento, ma la prima soltanto di un creatore geniale”. (Post-scriptum (II), in , n. 79, gennaio 1958, p. 24 (in calce a Lotte H. Eisner, L’Enigme des deux Nosferatu).

Una recensione d’epoca

“Chiaramente pensato come melodramma a sfondo sessuale, Foolish Wives è uno dei più divertente drammi burlesque mai portati sullo schermo. Mack Sennett al suo massimo non ne ha mai fatto uno più divertente.Involontariamente divertente, Foolish Wives nondimeno è allo stesso tempo francamente osceno. […]

Con i suoi due principali personaggi americani concepiti dall’autore come puri somari e gli stranieri, per contrasto mostrati come acuti furbacchioni che si fanno beffe degli americani a ogni occasione, Foolish Wives si propone come un malizioso insulto agli americani in generale e alla femminilità americana in particolare. Se scritto da un americano sarebbe stato già di cattivo gusto, ma quando robaccia come questa viene tirata fuori da uno straniero (von Stroheim è austriaco) la cosa è ancora più grave”. (Bell, Variety, 20 gennaio 1922)

 

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