DIE BRÜDER SCHELLENBERG

Karl Grüne

Sog.: dal romanzo di Bernhard Kellermann, pubblicato sul “Berliner Illustrierten Zeitung”; Scen.: Willy Haas, Karl Grüne; F.: Karl Hasselmann; Mo.: Werner Richard Heymann; Scgf.: Karl Görge, Curt Kahle; Eff. spec.: Halmar Lerski; Mu.: Ernö Rapée, Werner Richard Heymann; Int.: Conrad Veidt (Wenzel Schellenberg / Michael Schellenberg), Lil Dagover (Esther Raucheisen), Liane Haid (Jenny Florian), Henry de Vries (Raucheisen), Werner Fuetterer (Georg Weidenbach), Bruno Kastner (Kaczinsky), Julius Falkenstein, Wilhelm Bendow, Erich Kaiser-Titz, Paul Morgan; Prod.: Universum-Film AG (UFA), Berlin; Pri. pro.: 22 marzo 1926 (Berlino). 35mm. L.: 2280 m. D.: 95’ a 20 f/s

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Tecnicamente parlando, questo doppio ruolo pone all’attore una serie di difficoltà. Deve recitare con un partner che è assente. Bisogna rivolgersi a qualcuno che è solo vento ma dalla risposta di questo fantasma dipende un’enormità di cose. Questa risposta, la si girerà subito o domani, e di nuovo quello a cui la si rivolge, sarà assente. Il pubblico e anche la gente del mestiere possono difficilmente immaginare il grado di concentrazione, la costante sostituzione dell’io al tu, che furono necessari per arrivare all’effetto ottenuto dal regista. Felice l’attore la cui recitazione è sostenuta da un’idea. Questa volta fu il mio caso. Ho constatato una volta di più che il cinema è l’arte per eccellenza, per esprimere i miei sentimenti.
Conrad Veidt, “B.Z. Mittag”, 19 marzo 1926

Il film cerca di analizzare dei caratteri utilizzando un solo attore per rappresentare due esseri umani fondamentalmente diversi e opposti. Non possiamo negare che Conrad Veidt non sia riuscito a rendere questi due personaggi verosimili. La macchina da presa non è sempre riuscita a farci credere che si trattava di due individui diversi. Nelle scene dove i due fratelli sono confrontati l’uno all’altro, si ha troppo spesso l’impressione che non si guardino, che passino l’uno accanto all’altro senza vedersi, e questa impressione indebolisce l’insieme. (…) Siamo meno soddisfatti anche perché conosciamo il romanzo. E Kellermann non ha nascosto la speranza che si facesse del suo romanzo un film serio che sottolineasse le sue idee e diventasse così un grido d’allarme sociale ed economico. Se Kellermann ha visto il film, è poco probabile che pensi ancora che possa corrispondere al punto di vista del romanzo. Di questo rimangono solo dei dettagli insignificanti per il romanziere, degli aspetti esteriori, insomma, tutto ciò che era cinema nella vecchia accezione della parola. È tanto più un peccato perché per una volta un film so- ciale avrebbe potuto mostrare degli uomini attivi appartenenti a diversi strati sociali.
Anonimo, Die Brüder Schellenberg, “Filmschau”, marzo 1926

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