CRY, THE BELOVED COUNTRY

Zoltán Korda

Sog.: dal romanzo omonimo (1948) di Alan Paton. Scen.: Alan Paton, John Howard Lawson. F.: Robert Krasker. M.: David Eady. Scgf.: Wilfred Shingleton. Mus.: Raymond Gallois-Montbrun. Int.: Canada Lee (Stephen Kumalo), Charles Carson (James Jarvis), Sidney Poitier (reverendo Msimangu), Joyce Carey (signora Jarvis), Geoffrey Keen (padre Vincent), Vivien Clinton (Mary), Michael Goodliffe (Martens), Albertina Temba (signora Kumalo), Edric Connor (John Kumalo). Prod.: Zoltán Korda, Alexander Korda, Alan Paton per London Film Productions. DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Tra i grandi registi del cinema imperiale, Zoltán Korda fu sicuramente il più prolifico, avendo ritratto parti diverse dell’Impero britannico e loro popolazioni con quasi ossessiva costanza. Nigeria, India, Egitto, Sudan, Libia, Kenia, Sudafrica gli offrirono luoghi, genti e culture per affreschi storici più o meno fantastici. Sin dagli esordi Korda mostrò un rispetto pacatamente liberal-progressista per quelle culture altre, rispetto che portò con sé anche a Hollywood quando si dovette trasferire in America durante il secondo conflitto mondiale. […]
Il film di Korda che segnò un’epoca per il cinema imperiale – e la sua fase liberaleggiante – fu Cry, the Beloved Country tratto dal romanzo omonimo di Alan Paton, autore della sceneggiatura in collaborazione con John Howard Lawson, e coproduttore del film insieme ai Korda. Zoltán Korda amò subito il progetto e decise che stavolta avrebbe evitato compromessi con le propensioni imperialistiche del fratello Alexander. […] La realizzazione del film nel Sudafrica in pieno apartheid fu di per sé una grande sfida: bianchi e neri non potevano coabitare, i neri (nativi o stranieri che fossero) erano assoggettati a restrizioni nei movimenti e nel lavoro. Sidney Poitier e Canada Lee, per potere operare a fianco della troupe bianca, dovettero chiedere un permesso d’immigrazione temporanea come domestici di Korda…
Pur se decisamente sudafricano, e documento di una precisa realtà storica, il film sembra usare quella realtà per stigmatizzare segregazioni e conseguenti drastiche differenze di classe in generale, senza dimenticare che anche in molti degli Stati Uniti, nel 1951, erano ancora in vigore segregazioni urbane, nel sistema scolastico, nelle carriere, nei trasporti pubblici, nel diritto al voto. Indubbiamente denuncia anche i disastri a cui l’Impero ha condotto con le sue colonie e i suoi lasciti di valori razzisti e di soprusi economici.

Armando Pajalich, Il bianco, il nero, il colore. Cinema dell’Impero Britannico e delle sue ex-colonie 1929-1972, Le lettere, Firenze 2008

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Restaurato in 4K nel 2023 da StudioCanal presso il laboratorio VDM France, a partire dal negativo originale nitrato con un’integrazione di alcune parti provenienti da un internegativo e da una copia invertibile