Carmen
Sog.: dal racconto Carmen di Prosper Mérimée. Scen.: William C. DeMille. F.: Alvin Wyckoff, Charles Rosher. M.: Anne Bauchens, Cecil B. DeMille. Scgf.: Wilfred Buckland. Int.: Geraldine Farrar (Carmen), Wallace Reid (Don Jose), Pedro de Cordoba (Escamillo), Horace B. Carpenter (Pastia), William Elmer (Morales), Jeanie Macpherson (ragazza gitana), Anita King (ragazza gitana), Milton Brown (Garcia). Prod.: Cecil B. DeMille per Jesse L. Lasky Feature Play Company. Pri. pro.: 31 ottobre 1915. 35mm. L.: 1325 m. D.: 64′ a 18 f/s. Bn.
Scheda Film
Non c’è donna che abbia trionfato sulle scene quanto Geraldine Farrar; ma quali che siano stati quei trionfi, il suo successo nel film Carmen sarà infinitamente più grande. La signorina Farrar ha costretto i vigili del fuoco di New York a tener d’occhio il Metropolitan Operahouse dove ella interpretava la sigaraia. Ma in quell’occasione l’avranno vista solo tre o quattromila persone. Quando uscirà la nuova immortale Carmen, decine e persino centinaia di migliaia di spettatori potranno ammirarla e applaudirla nello stesso momento. E nelle immemori primavere future, quando la sua bellezza flessuosa e appassonata sarà solo un ricordo come le guerre del passato, la gloria, lo splendore e il fuoco della sua interpretazione saranno riaccesi, studiati e analizzati con rinnovata passione. Perpetuando il caldo torrido di questo tropico, l’esotica caratterizzazione di Carmen farà a gara con The Birth of a Nation quale film epocale. […] Lodiamo senza riserve Cecil DeMille per la regia e Alvin Wyckoff per la fotografia. Il talento artistico di entrambi è indiscutibile.
Julian Johnson, in “Photoplay”, vol. 8, no. 6 November 1915
Grande fu il clamore pubblicitario quando fu reso noto che Geraldine Farrar, soprano di fama internazionale che aveva rifiutato di esibirsi in celebri varietà, avrebbe interpretato il film di DeMille. Per la Lasky Company fu una preziosa risorsa, paragonabile a Mary Pickford per la Famous Players. L’opera lirica, in un’epoca che considerava la cultura sacrosanta, era sinonimo di cultura ‘alta’. Farrar, artista di origini americane e pupilla di Hohenzollern, aveva debuttato a Berlino e sapeva cantare in tedesco, italiano e francese. La diva portò con sé l’aura della grande cultura amata dalle aristocrazie europee. […]
Per sottolineare la rispettabilità culturale e borghese del film, al nome dello sceneggiatore William [DeMille] fu dato più rilievo che a quello di Cecil. Il fatto che la pellicola fosse pubblicizzata come il debutto sullo schermo della diva nella versione muta di una celebre opera fu un vantaggio per la Lasky Company ma mise in ombra DeMille, che tentava di affermarsi come autore. […] DeMille usò didascalie con disegni che anticipavano la prima inquadratura della sequenza successiva; luce morbida a basso contrasto e colorazioni nelle sfumature del rosso, del rosa, dell’ambra e del blu a rendere lo scintillio delle superfici; molti piani americani e mezzi primi piani, soprattutto della diva; una spettacolare inquadratura dall’alto del torero con Carmen che, seduta in prima fila, gli lancia un pegno d’amore; notevole profondità di campo nelle scene dell’accampamento zingaro e della taverna. […] Carmen è una pietra miliare in cui il talento di DeMille, benché messo in ombra dal debutto cinematografico della Farrar, eguaglia la fama internazionale e il carisma della cantante.
Sumiko Higashi, Cecil B. DeMille and American Culture: The Silent Era, University of California Press, Berkeley-Los Angeles 1994
Fu l’impresario americano Samuel ‘Roxy’ Rothapfel a commissionare a Hugo Riesenfeld, allora direttore d’orchestra del New York Theatre, un adattamento della Carmen di Bizet per accompagnare tutte le proiezioni dell’omonimo film a livello nazionale. Un compito estremamente complesso poiché doveva rispondere alla necessità di adattare l’organico dell’orchestra alle molte dimensioni delle sale esistenti. Eppure, poiché era un arrangiatore estremamente talentuoso, riuscì nell’arduo compito di orchestrare le musiche in modo che, a prescindere dalla dimensione della sala o dalla combinazione in cui venivano eseguite, non si perdesse mai una voce o un rigo. Ed è per questo che fu possibile ascoltare la stessa partitura a New York – sinfonica – come a Omaha, nel Nebraska, con un piano, una tromba e un triangolo. Fu solo dopo Carmen che questa tecnica divenne una pratica comune tra i compositori per film, e oltre.
Timothy Brock