Beatrice Cenci

Riccardo Freda

Sog.: Attilio Riccio. Scen.: Jacques Remy, Filippo Sanjust. F.: Gabor Pogany. M.: Riccardo Freda, Giuliana Taucher. Scgf.: Arrigo Equini. Mus.: Franco Mannino. Int.: Mireille Granelli (Beatrice Cenci), Micheline Presle (Lucrezia), Gino Cervi (Francesco Cenci), Fausto Tozzi (Olimpio Calvetti), Frank Villard (giudice Ranieri), Antonio De Teffé (Giacomo Cenci), Emilio Petacci (Marzio Catalano), Guido Barbarisi (giudice), Claudine Dupuis (Martina). Prod.: Electra Compagnia Cinematografica, Franco London Film 
35mm. D.: 90′. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Non dimenticherò mai lo choc causato dalla scoperta di Beatrice Cenci, in un piccolo cinema di Lione dietro la stazione di Brotteaux, abbagliato davanti ai primi piani, davanti a questo movimento di gru che si concentra su una giovane che corre nella foresta, in una notte di tempesta, questo inseguimento notturno, la brusca apparizione di un cavaliere che la salverà almeno per un po’, che le darà un po’ di requie. Sequenza d’apertura magistrale, dove Freda fa cozzare i colori, il blu della notte, dell’acqua, il giallo di un vestito o di una torcia dove egli si impadronisce dello spazio con la stessa violenza folgorante che spinge i suoi personaggi verso il loro destino.

Bertrand Tavernier in Riccardo Freda, a cura di Jean A. Gili, Quaderni di Cinecittà International n. 5, Roma 1993

Io e i miei sceneggiatori eravamo d’accordo: l’eroina doveva essere innocente perché si sviluppasse il dramma e l’emozione dominasse il film dall’inizio alla fine. È più interessante filmare un’innocente che una criminale. Beatrice Cenci è un peplum moderno. Ancora un dramma senza via d’uscita come le tragedie greche. Non si può lottare contro il destino. E io filmo questa fatalità diabolica in Cinema-Scope… anche se non ho partecipato direttamente alla stesura, ho dato le mie idee e ho seguito scrupolosamente l’elaborazione della sceneggiatura.
[…] Gabor Pogany, il direttore della fotografia, era in grado di tradurre in termini luministici ogni mia idea. Ha subito compreso la mia volontà che il film somigliasse ad un affresco, ma un affresco malsano. Ha saputo conferire la luce giusta agli innamorati e al bambino sul fiume, ha saputo illuminare il banchetto anche in profondità di campo. Ma ha anche saputo illuminare il clima incestuoso diella scena in cui Cenci che osserva la propria figlia mentre si spoglia.
Ho riflettuto anche sui costumi, gli abiti di Beatrice fanno parte del dramma. Sono una mescolanza di colori violenti che incitano Cenci a commettere il suo crimine e di pastelli che evocano il candore e il pudore di Beatrice. Le scenografie di Arrigo Equini e i trucchi di Mario Bava sono molto importanti. Bava non è citato ma ha partecipato al lavoro delle scenografie e degli effetti speciali. Questi trucchi rivelano un artista autentico. Il Cinemascope, per me, è un formato magnifico e mi ci sento a mio agio. Ho cercato più che mai di ottenere delle composizioni nello stile di Carpaccio, che non esitava ad usare tele di venti metri di larghezza. Ma nessun critico ha mai visto questo mio rapporto diretto con la pittura italiana.

Riccardo Freda in Eric Poindron, Riccardo Freda, un pirate à la caméra. Entretiens, Institut Lumière – Actes Sud, Arles 1994

 

 

Copia proveniente da

Restaurato da CSC Cineteca Nazionale con la collaborazione della Compass Film Srl