ADIEU BONAPARTE

Youssef Chahine

Scen.: Youssef Chahine. F.: Mohsen Nasr. M.: Luc Barnier. Scgf.: Onsi Abou Seif. Mus.: Gabriel Yared. Int.: Michel Piccoli (Caffarelli), Mohsen Mohieddin (Aly), Patrice Chéreau (Bonaparte), Mohsena Tewfik (la madre), Mohamed Atef (Yehia), Christian Patey (Horace), Hoda Sultan (Nefissa). Prod.: Humbert Balsan, Marianne Khoury, Jean-Pierre Mahot per Misr International, Ministère de la culture (Cairo), Lyric International, Ministère de la culture (Francia), Renn Productions (Parigi), TF1 Films Production. DCP. D.: 115’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

In questa versione restaurata, Adieu Bonaparte torna trentuno anni dopo esser stato presentato nella competizione ufficiale del Festival di Cannes. All’epoca il film aveva ricevuto un’accoglienza tiepida, se non nettamente ostile: alcuni giornalisti reputarono addirittura ‘antifrancese’ un’impresa che non sarebbe potuta andare in porto senza il sostegno diretto del ministro della Cultura Jack Lang, nel mirino di quasi tutti gli attacchi. In Francia la Storia non si scrive mai a sangue freddo e l’idea che un egiziano osasse confrontarsi con Bonaparte, non ancora Napoleone, poteva solo scatenare la polemica…
Durante la conferenza stampa, Youssef Chahine, Michel Piccoli e Patrice Chéreau avevano dovuto difendere strenuamente un film che non rispettava affatto le regole accademiche della ricostruzione storica. Fu giudicato un’opera confusa e la sua assenza nel palmarès preannunciava l’insuccesso nelle sale, dove fu visto da poco più di 50.000 spettatori. Ma poco importa: l’alleanza franco-egiziana tra Youssef Chahine e il produttore Humbert Balsan era ormai compiuta e sarebbe durata vent’anni.
Sono proprio la sua ricchezza e la sua complessità a fare di Adieu Bonaparte un film stranamente contemporaneo. È come se la Storia avesse avallato tutte le intuizioni di Chahine, soprattutto le più pessimiste sul disastro mediorientale, specie dopo le folli speranze suscitate dalla rivoluzione egiziana del 2011.
Mostrando il popolo cairota che si chiede come resistere ai francesi (sotto quale vessillo? in nome di cosa?) Chahine si fa al contempo storico e profeta. Non condanna nessuno, anche se è chiaro che preferisce l’ardente umanesimo del generale Caffarelli al genio pubblicitario di Bonaparte, e moltiplica personaggi e punti di vista, in modo tale che nessuno abbia mai né completamente torto né completamente ragione. È in questa lacerazione interiore, propria di un alessandrino che ha studiato in California, di un intellettuale arabo dalla cultura universale, del più grande cineasta egiziano, libero e cosmopolita, odiato da tutti i poteri e adulato dal popolo, che si annida il genio tutto renoiriano di Chahine. Adieu Bonaparte è la sua Marseillaise.

Frédéric Bonnaud

Copia proveniente da

Restaurato da Misr International Films, TF1 Droits Audiovisuels e Cinémathèque française con il supporto di CNC – Archives Françaises du Film, Fonds Culturel Franco-Américain, Archives audiovisuelles de Monaco e Association Youssef Chahine presso i laboratori Éclair e L.E. Diapason studio, a partire dal negativo e dai nastri magnetici sonori