26/06/2019

Silvano Nano Campeggi. Il manifesto cinematografico tra arte e comunicazione promozionale

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Prima dell’avvento dell’audiovisivo e del digitale, prima del ripetersi quasi ossessivo dell’informazione, era il manifesto cinematografico ad attirare l’attenzione del pubblico. Sono moltissimi i cartelloni realizzati da pittori italiani che sono stati utilizzati a livello internazionale contribuendo così alla nascita di una scuola artistica italiana. Tra questi Silvano “Nano” Campeggi è il più riconosciuto nel cinema hollywoodiano e a lui e alle sue opere, tra manifesti e bozzetti, è dedicata la mostra Silvano Nano Campeggi. Pittore di Cinema / Film painter.

Risale al 1896 il primo manifesto cinematografico al mondo. Realizzato da Auzolle per il film L’Arroseur Arrosé dei fratelli Lumière, il manifesto mostrava in un unico foglio una scena tratta dalla pellicola e il pubblico in sala. Da allora il linguaggio della cartellonistica ha subito una propria evoluzione. 

E’ l’invenzione della litografia a rotativa a fine Ottocento a permettere l’introduzione del colore e della combinazione testo immagine, elementi cardine del manifesto cinematografico che fin dagli esordi si diffonde come principale mezzo di pubblicità, prima dell’invenzione stessa del cinematografo e più tardi delle case di produzione. E’ proprio una di queste, la Motion Picture Patents Company – la prima a nascere – a proporre il formato standard del manifesto ancora in uso, 72×105. Nel 1917 una legge contro il monopolio nel campo dell’informazione scioglie la Motion permettendo così la nascita di tante piccole case di produzione disseminate che a loro volta fanno sorgere società di distribuzione e studi di grafici. Un cambiamento che segna la nascita di quelle figure professionali che senza il cinema non sarebbero mai nate, come i disegnatori professionisti del cartellone cinematografico. Le posizioni dei protagonisti e dei personaggi secondari, il carattere dei titoli, la rappresentazione di una sequenza del film, i colori, diventano a partire da questo momento elementi di un linguaggio strutturato e finalizzato alla diffusione di un messaggio. 

In Italia, dove il padre del manifesto cinematografico è considerato Ballester, la pratica di produzione attraverso la cartellonistica stenta ad affermarsi ancora negli anni Venti. Sarà il secondo dopoguerra a segnare la fortuna dei cartellonisti italiani, i cosiddetti ‘Pittori del Cinema’, tra i quali proprio Silvano “Nano” Campeggi. Esponente di quella che può essere considerata una seconda generazione di cartellonisti, Nano si avvicina fin da piccolo al mondo della grafica grazie al padre Astolfo, tipografo e compositore. E’ da lui che conosce le tecniche di stampa e i caratteri tipografici, mentre impara l’arte della somiglianza durante la sua esperienza con la Croce Rossa realizzando ritratti. Il successo giunge con il manifesto di Aquila Nera. Per circa vent’anni si dedicherà completamente a questa attività, firmando i manifesti di oltre tremila film, tra i quali Via col vento, Ben Hur, Casablanca, Cantando sotto la pioggia, West Side Story e Colazione da Tiffany. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta è conosciuto come l’artista delle star e realizza migliaia di ritratti: celebri quelli di Humphrey Bogart, Vivien Leigh, Audrey Hepburn, John Wayne, Sophia Loren, Marlon Brando, Rita Hayworth, Clark Gable e Marilyn Monroe.

In una Firenze distrutta dal conflitto mondiale, i manifesti cinematografici coprivano le miserie di un paese da ricostruire fisicamente e moralmente. E’ il boom del consumo di cinema: i fasti americani, i volti e gli abiti delle dive dei film, facevano sognare il popolo italiano. A cavallo tra un dinamismo di matrice futurista e una stesura del colore più vicina alla Scapigliatura, le composizioni mettono a frutto l’esperienza della grafica pubblicitaria, dell’illustrazione per i romanzi e dei collage dei settimanali italiani come “Grand Hotel”, ma anche l’iconografia religiosa e i cicli di affreschi. Nei manifesti di Campeggi la figura femminile emerge su quella maschile e i volti degli attori, ritratti con pochi segni, dominano il primo piano. Il suo tratto ha la capacità di identificare le celebrità e allo stesso tempo di fornire degli schemi, buono e cattivo, dolce e brutale. Nei manifesti realizzati da Campeggi convivono la maestria del pittore e la necessità di diffondere un messaggio comune proprio della comunicazione promozionale. Ecco allora che oltre al colore, il rosso primo fra tutti, gli oggetti assumono all’interno della rappresentazione un ruolo fondamentale alla narrazione e alla diffusione del messaggio. La presenza di un coltello indica quindi che il film è un giallo, la spada un’ambientazione storica, la lancia e la freccia un film avventuroso, la rivoltella una pellicola poliziesca. Nella continua ricerca di uno stretto legame tra film e pubblico attraverso la combinazione di elementi artistici, commerciali e di costume, anche il carattere tipografico assume un ruolo fondamentale. Come le immagini diventano parole capaci di raccontare un’atmosfera, i titoli di Campeggi diventano figure legandosi al genere del film e all’ambientazione. 

Nato come evoluzione della comunicazione di spettacoli di lirica e teatro, la cartellonistica ha trovato una prosecuzione quasi naturale con il film intrecciandosi con la storia della grafica e della comunicazione. In questo percorso la scuola italiana dei Pittori del Cinema ha permesso di rompere lo stereotipo dell’artista che crea per se stesso, dell’arte per l’arte. Il manifesto cinematografico diventa così espressione di sintesi dell’incontro tra arte e impresa e testimonianza di sintesi di tutto ciò che il cinema è e della forza di attrazione e di fascinazione del mezzo cinematografico. 

Approfondimento di Guendalina Piselli
Nell’ambito del corso di Alta Formazione per redattore multimediale e crossmediale, nel progetto di formazione della Cineteca di Bologna.

Guarda la videointervista a Elena Campeggi, moglie di Nano: