LES BOUCLIERS INDIVIDUELS DU CAPITAINE WALTER

35mm.

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T. it.: Italian title. T. int.: International title. T. alt.: Alternative title. Sog.: Story. Scen.: Screenplay. F.: Cinematography. M.: Editing. Scgf.: Set Design. Mus.: Music. Int.: Cast. Prod.: Production Company. L.: Length. D.: Running Time. f/s: Frames per second. Bn.: Black e White. Col.: Color. Da: Print source

Film Notes

Il Capitano Walter presenta al Generale Foch, favorevolmente impressionato, un nuovo tipo di scudo formato da una corazza su due ruote, dietro cui il soldato può avanzare a quattro zampe e con cui può sistemare gli esplosivi nei reticolati di filo spinato dei nemici.

“La Prima Guerra Mondiale ci ha lasciato in eredità un altro ingombrante feticcio: il mito della tecnologia bellica. (…) Se il risultato della tecnologia della Grande Guerra non fosse un numero mostruoso di morti inutili, non sarebbe così penosa la visione dei documentari che glorificano le “nuove armi”, con il loro aspetto improbabile, approssimativo, da bricolage improvvisato e vagamente surreale, che ricorda l’“uncino da phinanze” di Père Ubu più che l’efficienza di Krupp.
Il cinema, anch’esso figlio dell’era della meccanica e della nascita dell’ottica, non può non gettarsi a capofitto nella rappresentazione di questo epos di legno, metallo e fil di ferro.
Inconsapevolmente, la tecnologia mostra continuamente i suoi limiti ridicoli e al contempo terribili: aerei fatti di legno e stoffa, (che si strappavano col vento), palloni aerostatici gonfiati di elio (che esplode solo a guardarlo), fucili che grondano grasso e si inceppano una volta sì e una pure, tanks che sembrano scatole di sardine, bombe a mano che si innescano con un fiammifero e una candela.
Con altrettanta inconsapevole ironia, improbabili inventori mostrano le loro più recenti invenzioni: manichini blindati, rifugi camuffati da alberi di metallo, complesse armature che dovrebbero proteggere i soldati dai colpi del nemico e che li rendono solo bersagli lenti e ingombranti. E i comandanti si deliziano nell’utilizzarle, riempiendo le trincee di cadaveri.
I cannoni, gli aerei, i sommergibili, i lanciafiamme occupano il centro della scena nei reportages dal fronte.
Accanto alle armi più conosciute si mostrano nel dettaglio e con orgoglio le ultime sperimentazioni sempre presentate come tecnologie raffinate, perfettamente funzionanti e capaci di recare grande danno al nemico”. (Gian Luca Farinelli e Nicola Mazzanti, Il cinematografo al campo, Transeuropa, 1993)

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