26/06/2017

Ugo Pirro: “Indagare è una cosa meravigliosa”

“Il mio ingresso fra le gente del cinema fu casuale …
Fu per caso e per noia che scrissi il mio primo soggetto,
e fu per fortuna che quella mia storia di due analfabeti interessò Giuseppe De Santis”
Ugo Pirro, Soltanto un nome nei titoli di testa

Tra gli oltre mille fascicoli che compongono il fondo di Ugo Mattone, in arte Ugo Pirro, c’è una bozza di sceneggiatura che racconta la storia di un uomo, Eugenio Sales, professore di sociologia all’Università di Roma che si presenta ad un’agenzia di investigazioni, incaricando il dott. Falchi, ex commissario dell’Ufficio Politico presso la questura della capitale, di un’indagine approfondita su di lui. L’investigatore, credendolo un pazzo, gli chiede spiegazioni e l’uomo gli risponde: «Posso solo dirle che ho bisogno di conoscere quello che ‘gli altri’ sanno di me. Di che cosa, in altri termini, in un domani potrei essere accusato… o più precisamente, se ho commesso reati, se ho danneggiato, sia pure involontariamente, altre persone, se, avendo commesso reati punibili, potrò essere scoperto e perseguito».
Indagare è una cosa meravigliosa è il titolo della sceneggiatura. Fin dalle prime righe è naturale pensare al film Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), al premio Oscar, alla nomination all’Oscar come migliore sceneggiatura, alla così detta ‘trilogia del potere’, al lungo sodalizio Pirro/Petri/Volonté, all’impegno civile e politico di questo grande scrittore che non è mai sceso a compromessi. Ma le pagine dattiloscritte e manoscritte, ‘trafitte in ogni spazio bianco da quella scrittura minuscola’, non rivelano nulla se non se stesse. Non c’è data, nessuna traccia che permetta di collegare con certezza questo progetto non realizzato – l’archivio ne conta 240 – al film. Unico fragile indizio la dicitura ‘Terza copia, prima stesura’. Per sapere, per capire bisognerà leggere tutto il contento dei 149 faldoni e chissà, forse neppure così si riuscirà a carpire il segreto di tanto irriducibile talento.
Di certo ‘indagare’ è una parola chiave dell’universo Pirro. Si potrebbe sostenere che tutta la sua opera è una delle più riuscite indagini sulla storia sociale e politica italiana, dalla seconda guerra mondiale fino agli anni settanta. La sua opera si lega profondamente ai registi più engagés del cinema italiano come Giuseppe De Santis (Uomini e lupi, 1953, La garçonnière, 1960), Carlo Lizzani (Achtung! Banditi, 1951, Il gobbo, 1960, Il processo di Verona, 1965, Svegliati e uccidi,1966, L’amante di Gramigna, 1969, San Babila ore 20: un delitto inutile 1976, Celluloide, 1996) e Elio Petri (A ciascuno il suo, 1967, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, 1970, La classe operaia va in paradiso, 1971, La proprietà non è più un furto, 1973). Tra i registi per cui è stato sceneggiatore si possono annoverare anche Antonio Pietrangeli, Valerio Zurlini, Mauro Bolognini, Damiano Damiani, Luigi Comencini e Vittorio De Sica.
Pirro lascia ai posteri solo la pura essenza della sua scrittura cinematografica, televisiva e letteraria; nel suo archivio tante le sceneggiature e i romanzi, tantissimi i soggetti, pressoché nulle invece le testimonianze sulle sue relazioni professionali e personali. E per questo la riedizione del libro Ugo Pirro, indagine su uno sceneggiatore al di sopra di ogni sospetto, ed. Le Piccole Pagine, 2016 è così importante. Contiene una lunga intervista che Pirro ha rilasciato all’autore, Enzo Latronico. L’impostazione discorsiva e aneddotica, permette di raccogliere indizi preziosi direttamente dalla voce dello scrittore e sceneggiatore che non racconta solo di sé, dei sui suoi esordi, dei sui suoi rapporti con il mondo della politica e del cinema, ma anche degli altri protagonisti di quel pezzo di storia del cinema italiana che ormai è divenuta leggenda.

Michela Zegna, responsabile archivi cartacei della Cineteca di Bologna

Chi è Ugo Pirro?

Ugo Mattone (in arte Ugo Pirro), nasce il 24 aprile del 1920 a Salerno in una famiglia di ferrovieri : “mio padre, mio nonno, gli zii erano ferrovieri; le sorelle di mio padre sposarono ferrovieri, anche molti miei cugini sono stati ferrovieri e molte cugine sposarono capistazione, capitreno, capi gestione, controllori”. Trascorre tutta la sua infanzia e giovinezza spostandosi tra le stazioni di Napoli, Segni-Paliano, Castellamare di Stabia e Lecco fino a quando nel 1947, dopo aver combattuto nella seconda Guerra Mondiale sul fronte greco-jugoslavo come ufficiale paracadutista – esperienza che si tradurrà nel suo romanzo d’esordio Le soldatesse (1956) -, si trasferisce definitivamente a Roma, prendendo in subaffitto in una piccola casa in Viale Pinturicchio.
Il periodo romano si caratterizza soprattutto per i suoi continui soggiorni all’Osteria dei Fratelli Menghi detta Osteria dei Pittori in via Flaminia, luogo dove gli artisti dell’epoca erano soliti ritrovarsi per un piatto caldo a credito e soprattutto per confrontarsi e trarre ispirazione l’un l’altro: è proprio qui che Pirro avrà modo di conoscere e frequentare assiduamente personalità del calibro di Giulio Turcato, Mario Mafai, Pietro Consagra, Salvatore Scarpitta, ma anche Ivo Perilli, Giuseppe De Santis, Rodolfo Sonego, Gillo Pontecorvo, Cesare Zavattini, Elio Petri fino a Roberto Rossellini.
La gavetta iniziale è molto dura e i riconoscimenti stentano ad arrivare: Pirro fissa su carta diversi soggetti (si ricordi il primissimo Ti scrivo un lettera) che non vedono la luce e realizza per conto terzi sceneggiature su cui non vedrà mai il suo nome nei titoli di testa. Pirro stesso ricorda che “Steno e Monicelli qualche volta si servivano del nostro aiuto [di Pirro e Solinas], quando avevano troppo lavoro e poco tempo per svolgerlo”. Ufficialmente è Achtung! Banditi (1951) a sancire il debutto di Pirro come sceneggiatore e del suo amico Carlo Lizzani come regista. Di lì a pochi anni, seguiranno poi altre collaborazioni con Antonio Pietrangeli (Il sole negli occhi, 1953), Giuseppe De Santis, (Uomini e lupi,1956) e Luciano Emmer (Il momento più bello, 1957). Due rapporti particolarmente intensi, sia da un punto di vista umano che professionale, sono quelli che ben presto si instaurano con lo sceneggiatore Franco Solinas e con Sergio Amidei, fautore di un consuetudinario lavoro di squadra, basato sulla scrittura come fatto collettivo e punto di riferimento per i colleghi più giovani. Pirro deciderà di omaggiare la figura del maestro rievocandola nel film tratto dal suo omonimo romanzo Celluloide (1996), con la regia di Carlo Lizzani, grazie alla cui sceneggiatura vincerà sia il David di Donatello che il Golden Globe. Ed è proprio Lizzani ad aprire la stagione cinematografica pirriana degli anni Sessanta dirigendo Il gobbo (1960), ispirato alla vera storia di Giuseppe Albano ed ambientato durante l’occupazione nazista, ma anche Il processo di Verona (1963), discusso film sulle ultime fasi del regime fascista e Svegliati e uccidi (1965), pellicola sul bandito Lutring.
Si arriva presto ai frenetici anni della contestazione sociale e sul finire dell’agosto del 1968, Pirro insieme a volti noti dell’ANAC, partecipa all’occupazione guidata da Cesare Zavattini della sala Volpi nel Palazzo del Cinema al Lido. L’intento era quello di impedire lo svolgimento della Mostra di Venezia per chiedere un’altra Biennale più libera e democratica, aperta alla ricerca e alla sperimentazione ma soprattutto più attenta a temi vicini al ‘socialismo reale’, tanto cari a Pirro. Lo scrittore e sceneggiatore vive in prima persona la politica culturale del partito comunista del periodo, ponendo particolare attenzione ai fatti di cronaca e ai fenomeni di ribellione sociale dell’Italia proletaria e contadina. Grazie a questa sua particolare sensibilità e grazie all’incontro con Elio Petri e Gian Maria Volonté nasceranno capolavori quali: A ciascuno il suo (1967), Palma d’oro a Cannes per la miglior sceneggiatura, Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) che gli vale una nomination all’Oscar come miglior sceneggiatura originale, La classe operaia va in paradiso (1972) e La proprietà non è più un furto (1973).
Quasi nello stesso periodo Pirro si dedica a lavori di adattamento cinematografico di alcuni importanti romanzi come Il giardino dei Finzi Contini (1970) di Vittorio De Sica, da G. Bassani (nomination all’Oscar come miglior sceneggiatura non originale), Metello (1970), da V. Pratolini, L’eredità Ferramonti (1976), da G.C. Chelli, entrambi di Mauro Bolognini, fino ad arrivare ad una delle sue ultime collaborazioni, Ninfa plebea (1996) di Lina Wertmuller, tratto da un romanzo di D. Rea. Scrittore a tutto tondo, dà alle stampe diversi romanzi, lavora su alcuni copioni teatrali (I sabotatori, rappresentato nel 1964 nell’allora Repubblica Ceca) e si interessa anche di televisione per la quale conduce alcune puntate del programma di RAI 3 Processo al film. Sceneggia sia film che miniserie a puntate come Luisa Sanfelice (1966), Nucleo Zero (1984), Mio figlio non sa leggere (1984) tratto dal suo omonimo romanzo, Gioco di società (1989), Piazza di Spagna (1993), Il giudice ragazzino (1994), Il prezzo del denaro (2003) e La famiglia Ricordi (2003).
Va ricordata infine la sua, seppure breve, carriera attoriale e i piccoli ruoli interpretati in alcune pellicole quali, La disobbedienza (1981), Rossellini: frammenti e battute (2001) e Sergio Amidei, ritratto di uno scrittore di cinema (2005) e la sua attività didattica, svolta prevalentemente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia fino alla sua morte, avvenuta a Roma, il 18 gennaio 2008.

Riccarda Leoni