Cauto sognatore: la malinconia sovversiva di Helmut Käutner

Programma e note a cura di Olaf Möller

 

Helmut Käutner (1908-1980) resta il solo regista e sceneggiatore del cinema dell’epoca adenaueriana a essere ricordato con affetto all’estero da un’ampia varietà di cinefili (con buona pace di Wolfgang Staudte). E tuttavia il Käutner tanto stimato non è che un’ombra del genio che fu. È triste constatare che le sue opere più note, come Des Teufels General (Il generale del diavolo, 1955) o Der Hauptmann von Köpenick (Il capitano di Köpenick, 1956), siano tra le più convenzionali dal punto di vista formale, oltre a essere meno schierate politicamente. In particolare, i suoi film dei primi anni Cinquanta e quelli realizzati dopo il soggiorno a Hollywood (1958-59) restano misconosciuti perfino in Germania. All’alba di quel decennio Käutner creò alcune delle sue opere meno convenzionali: film come lo straordinario thriller noir-politico Epilog – Das Geheimnis der Orplid (1950) o il melodramma di mentalità molto aperta Bildnis einer Unbekannten (1954), provocatori nel tono e poco ortodossi nello stile. Sul finire degli anni Cinquanta Käutner tracciò la strada di cinema della Germania Ovest modernista e commerciale con capolavori inattesi quali la commedia musicale moderna Das Glas Wasser (1960) o Schwarzer Kies (1961), film gris neorealista e serenamente tetro. Ma era troppo tardi.
Il nostro omaggio si concentra sul Käutner malinconico e ironico modernista, inventore di forme filmiche e innovatore del genere popolare, se non altro perché le commedie sono difficili da apprezzare fuori dalla Germania; anzi, perfino ai tedeschi bisognerebbe spiegare parte del genio caustico e quasi tashliniano che informa Kitty und die Weltkonferenz (1939), Der Apfel ist ab (1948) o Der Traum von Lieschen Müller (1961); eppure bisogna prenderne atto, perché Käutner si era formato nel cabaret politico degli anni Trenta dove aveva perfezionato il suo talento nel comporre testi di canzoni, uno dei tanti doni che gli furono utili in tutti i generi sperimentati. Tutto questo per dire che i melodrammi d’ambientazione portuale in Agfacolor come Große Freiheit Nr. 7 (1944-45), gli esercizi di neorealismo o realismo poetico come Unter den Brücken (1946-50), sognante idillio ambientato su una chiatta, i film storici sovversivi come Ludwig II. – Glanz und Ende eines Königs (1955), le meditabonde fantasticherie politiche dal finale sinistro come Himmel ohne Sterne (1955) e le varie sfumature di nero di Epilog – Das Geheimnis der Orplid e Schwarzer Kies sono tutti esempi che viaggiano bene. Ma non pensate di conoscere Käutner dopo aver visto questi otto pezzi scelti: perché Käutner era un artista della fuga che tentava di reinventare il cinema e dunque se stesso ogni volta che iniziava un film. E anche dopo aver visto tutte le sue opere per il grande e per il piccolo schermo (la sua produzione televisiva è altrettanto avventurosa), resta il sospetto di non aver ancora visto nulla.

Olaf Möller

 

Foto: Himmel ohne Sterne di Helmut Käutner (1955)

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