FAD’JAL

Safi Faye

Scen.: Safi Faye. F.: Patrick Fabry, Jean Monod, Papa Mictar Ndoye. M.: Andrée Davanture, Marie-Christine Rougerie, Dominique Smadja, Babacar Diagne. Int.: Ibou Ndong e gli abitanti del villaggio di Fad’jal. Prod.: Ministero Relazioni Esterne (Francia), Institut National de l’Audiovisuel (INA), Safi Films. DCP. D.: 112’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Mi sono laureato alla grande università del Parlato insegnato all’ombra dei baobab.
Amadou Hampâté Bâ

Il film si intitola Fad’jal. “Fad” significa “arrivare” e “jal” significa “lavoro”. Lavoro, perché quando arrivi in questo villaggio rurale chiamato Fad’jal devi lavorare. Quando lavori sei felice, se non lavori la gente ti prende in giro.
E poi contrappongo le mie due culture, quella francese e quella senegalese. La storia scritta della Francia si impara a scuola, ma come si fa a trasmettere la storia africana che esiste solo grazie alla tradizione orale? Chi la tramanderà ai bambini? L’anziano del villaggio, colui che detiene la memoria storica. Ogni sera dopo la scuola i bambini si arrampicavano sugli alberi di kapok per raccogliersi attorno all’anziano del villaggio. Allora lui raccontava la loro storia, che non è mai stata scritta. Fad’jal parla di questo, della fondazione del villaggio e di tutto quello che è successo da allora. Il nonno parla dei tradizionali riti agricoli e di passaggio, e racconta come il villaggio sia stato fondato da una donna (Mbang Fadial), attorno al XVI secolo.
Non giro mai adattamenti; scrivo io stesso le sceneggiature. Indago, mi informo e poi scrivo, cercando di restare fedele al mondo rurale dal quale provengo, all’Africa e agli abitanti dei villaggi. Ammiro le persone che vivono lavorando la terra. I Serer, la popolazione costiera cui appartengo (come Léopold Sédar Senghor), sono noti per l’energia che riversano nel loro lavoro. La gente vive in una società matriarcale in cui le donne sono più importanti degli uomini. Donne e uomini sono liberi grazie al frutto del loro lavoro.
Il mondo rurale, il tema che ho scelto e che corrisponde alla mia visione cinematografica, è un mondo senza tempo. Accomuna tutti, che siano giapponesi, senegalesi o singaporiani, perché a un certo punto siamo stati tutti contadini; veniamo tutti dalla campagna. Celebro il duro lavoro dei contadini per la conquista dell’autosufficienza alimentare.

Safi Faye

Copia proveniente da

Restaurato nel 2018 da CNC in collaborazione con Safi Faye a partire dai negativi originali 16mm.