29/06/2016

Cinefilia Ritrovata, ‘Ognennye vërsty’

Dopo la morte di Stalin e l’avvento al potere di Chruščëv, in Unione Sovietica le maglie della censura si allargano, i registi sperimentano e soprattutto si misurano e si confrontano con la cinematografia mondiale. Nel caso di Ognennye vërsty (Strada infuocata), Samson Samsonov dichiara apertamente il debito e il modello, Ombre rosse di John Ford (1939), il cui titolo, nella versione russa, riecheggia all’inizio del film nelle parole e nell’avvertimento di uno dei personaggi: “Sarà un viaggio pericoloso”.

Ambientato durante la guerra civile, il film segue la corsa in tačanka – un carro trainato dai cavalli – di cinque diversi personaggi: una guardia bianca – che si finge veterinario – e una rossa (Grigory), un vecchio medico, la sua assistente (Katya) e un attore. Inserendosi consapevolmente nel solco tracciato dalla tradizione letteraria e cinematografica, Samsonov sfrutta la dimensione spaziale della tačanka rendendola centrale per la narrazione: nella vettura, che richiama carrozze e carovane, i personaggi si confrontano con loro stessi e con gli altri passeggeri, subiscono l’attacco dei ribelli, muoiono o sopravvivono mutati nello spirito.

Simile a quel che avviene in Ombre rosse, la tačanka diviene il mezzo che veicola il cambiamento e la maturazione dei personaggi; ma è il viaggio il tema centrale del film: un viaggio che attraversa una terra sconvolta dalla guerra civile e dalla turbolenta alternanza di rossi e bianchi.

Ognennye vërsty è stato definito modello e archetipo del “western russo”; Samsonov sceglie il racconto di genere, soffermandosi su alcuni elementi significativi: il profilo delle colline, sul quale si stagliano le figure degli inseguitori, la polvere delle strade di fortuna, le corse della tačanka e dei cavalli, ripresi talvolta anche in semisoggettiva, per rendere plasticamente evidente il movimento frenetico della caccia e della fuga.

Accanto agli inseguimenti, al complotto – la guardia bianca è a capo di un gruppo sovversivo pronto a organizzare una rivolta in città – e alle morti, c’è tempo anche per un corteggiamento che riprende da vicino quello visto in Ombre Rosse: anche in Ognennye vërsty, Grigory e Katya si parlano attraverso una porta prima e una finestra dopo. Testimone muto e impassibile di questo amore il paesaggio, colto e raffigurato attraverso immagini ampie e piene: il cielo stellato, la vegetazione intorno al fuoco e le colline che si perdono lungo l’orizzonte. E’ proprio il paesaggio a suggerire a Grigory la rappresentazione del futuro costruito dalla rivoluzione: “dopo la guerra tutto sarà vuoto e silenzio”.

E dopo aver sventato il complotto e conquistato Katya, la tačanka si lancia, ancor una volta, attraverso le lande russe, in cerca di quel vuoto e di quel silenzio che possano finalmente compore il radioso avvenire che Grigory aspetta.

Sara Tongiani